NIMBY vs AZIENDE: il basso profilo mette a rischio i progetti della filiera energetica

NIMBY vs AZIENDE: il basso profilo mette a rischio i progetti della filiera energetica

Oggi ascoltiamo il punto di vista di Mario Doldi, Senior Consultant esperto di NIMBY e Accettabilità Sociale. L’espressione “Not In My Backyard” (NIMBY) indica l’opposizione dei cittadini a progetti pubblici vicino alle loro case. Questa resistenza nasce dal timore degli impatti negativi locali.

Fenomeno Nimby e ripercussioni 

Sun Tzu insegnava che il modo migliore per vincere una guerra è fare in modo di conquistare la vittoria, prima ancora di combattere. Come ricordatoci da Lou Marinoff (1): “la sua filosofia della guerra può applicarsi, per analogia, a molte altre forme di conflitto umano, dai litigi coniugali alla politica aziendale”. La celebre affermazione ci aiuta a introdurre e affrontare l’annoso tema dei conflitti locali e ambientali, il cosiddetto fenomeno Nimby. La strategia vincente in questi contesti è quella di individuare i percorsi più opportuni per evitare le conflittualità territoriali, e anche per ricomporle nel caso in cui si siano manifestate. Siamo di fronte a una vexata quaestio che dura da troppi anni, caratterizzati da contrapposizioni sociali e precarietà dell’iniziativa imprenditoriale. È quindi giunto il momento di prendere sul serio le gravi conseguenze di tale fenomeno, che si ripercuote sulle procedure autorizzatorie. Come già ricordato (2), ciò avviene quando l’eco delle battaglie condotte dai comitati riecheggiano negli uffici della P.A. competente, con inevitabili ricadute sull’iter amministrativo, appesantendolo con documenti aggiuntivi spesso non necessari. Di conseguenza, i procedimenti burocratici diventano più complessi e lunghi, con effetti dilatori e ostativi. 

Tra le infrastrutture energetiche prese di mira dai comitati lungo tutto lo stivale, le fonti energetiche rinnovabili risultano essere tra le più contestate, come precedentemente affrontato (3). Lo conferma Legambiente, con la pubblicazione della ricerca intitolata “Scacco matto alle rinnovabili” (4), in cui prende atto che: “in Italia sono ancora troppi gli ostacoli alla diffusione delle fonti pulite […] a causa di burocrazia e presenza di comitati Nimby e Nimto”. In riferimento a tali criticità procedurali, coglie bene il punto Stefano Besseghini, Presidente di ARERA, in occasione degli Stati Generali della Transizione energetica di qualche anno fa (5): “in Italia oltre 150 comitati locali si oppongono alla realizzazione di impianti per la produzione di biometano. E quando chi deve rilasciare le autorizzazioni sente risuonare un clima di bassa accettabilità sociale, la questione  diventa più complessa a seguito di  valutazioni ulteriori rispetto al puro percorso autorizzativo”. Da cui se ne deduce che il clima di bassa accettabilità di tali impianti incide negativamente sulla tempistica di rilascio delle autorizzazioni. 

Motivazioni ed effetti del conflitto a Vescovana

Raccontiamo la storia e il senso di una piccola comunità di cittadini della bassa padovana, costretti a indossare l’elmetto per stoppare un grande progetto energetico, a loro parere, pericoloso per la salute delle persone. Il caso offre senz’altro materia di riflessione. Ci troviamo a Vescovana: l’azienda proponente ha presentato alla Regione Veneto l’istanza per il rilascio dell’Autorizzazione Unica, ai fini della costruzione ed esercizio di un impianto per la produzione di Biometano. Un comitato spontaneo di cittadini, “Lasciateci respirare”, si mette di traverso e organizza per il 30 dicembre 2023 una manifestazione di protesta. Il rammarico è forte: c’è la consapevolezza di essere stati tagliati fuori dal processo decisionale, con un atteggiamento per niente affatto rispettoso. Ciò ha favorito aspri risentimenti per un progetto calato dall’alto, insieme alla percezione di gravi impatti sulla salute della popolazione, dovuti alla contaminazione dell’aria. Alla protesta aderiscono numerosi imprenditori agricoli della zona, con il lungo serpentone di trattori, nonché diverse centinaia di cittadini, i titolari di attività economiche e agro-turistiche della zona e le istituzioni locali. Vale a dire il Sindaco di Vescovana, insieme ai colleghi dei Comuni limitrofi che per l’occasione indossano la fascia tricolore. Insomma, per gli oppositori è una dimostrazione di forza e compattezza di intenti. 

A margine della protesta, è significativo il commento dei rappresentati del comitato di cittadini rilasciato a Il Mattino di Padova (6): “abbiamo organizzato la manifestazione per dire no a questo ecomostro che inquinerà le nostre terre […] questi interventi vanno concordati con la popolazione perché bisogna rispettare le persone che abitano in questi luoghi”. Sulla stessa linea, come riportato da Padovaoggi (7), gli imprenditori agricoli della zona: “quest’ opera non aiuta, non ci arricchisce, svaluta i nostri terreni, li può rendere inadatti a sviluppi futuri. Tutto questo non è a nostro favore, siamo noi i primi che i proponenti dovevano interpellare se si fosse voluto che il prodotto delle nostre terre desse linfa a questo impianto […] è un’opera che non ci appartiene”.

Alla fine, la battaglia condotta dalla comunità di Vescovana e dintorni, ottiene il risultato sperato: il 30 luglio 2024, la Regione Veneto decreta “di rigettare l’istanza di Autorizzazione Unica […] per la costruzione ed esercizio di un impianto, alimentato da biomasse agricole e sottoprodotti agroindustriali, per la produzione di biometano […] considerato il parere negativo espresso dal Comune di Vescovana e il mancato adeguamento di tutte le carenze individuate” (8). 

Tiriamo le somme                                                                                       

Come abbiamo potuto appurare in altri contesti simili, siamo di fronte a una comunità locale che si è sentita scavalcata da una decisione presa sulla loro testa. Questo è uno dei principali motivi scatenanti la conflittualità con i territori: la mancanza di rispetto e l’assenza di un reale ascolto e coinvolgimento delle comunità locali sulle decisioni che riguardano la vita di coloro che ci abitano. Tant’è vero che in modo sempre maggiore, cittadini, gruppi sociali e associazioni di categoria, richiedono di essere ascoltati e di influire sulle scelte che riguardano il territorio in cui vivono. Aspettative di tipo partecipativo non soddisfatte si trasformano in pura e semplice opposizione. Lo hanno fatto capire chiaramente il comitato di cittadini e gli imprenditori agricoli di Vescovana. È un vero peccato poiché, ripetiamo, il Biometano derivato dalla raffinazione del Biogas prodotto da biomasse agricole e zootecniche, può essere usato nella rete del gas naturale senza modifiche agli impianti. 

La sfiducia della popolazione: radice della conflittualità 

A sostegno di questa posizione, il Prof Sabino Cassese nel suo articolo “Eppur si deve decidere” apparso sul Corriere della Sera il 14 aprile 2016 (9), prendendo spunto dalle vicende legate al giacimento Tempa Rossa (Basilicata) affermò “i rimedi a questa impossibilità di decidere sono molti, ma sopra gli altri ce n’è uno, quello di canalizzare la partecipazione degli interessati […] prima che questa si trasformi in opposizione”. Cercare di comprendere detto fenomeno oppositivo è la premessa per tentare di porre fine o ridurre questa deriva che dura ormai da circa un trentennio, e che ha consolidato la sua espansione negli ultimi 20 anni, in un crescendo inarrestabile. Procediamo allora senza avere la pretesa di esaurire l’argomento. In primis con un occhio ai cambiamenti avvenuti in questi ultimi decenni sul piano sociale, politico e dei media. Viviamo, difatti, in un’epoca dove fasce di cittadini sono sempre meno disposte a dare credito agli esperti, attratte dalla narrazione che circola sui social network. Spesse volte a scapito della ragione e dei fatti. Un fenomeno anche analizzato nel saggio di William Davis “Stati nervosi. Come l’emotività ha conquistato il mondo” (10). 

Quando a farla da padrone è il basso profilo

Purtroppo, la rilevanza di questi fattori non sempre è tenuta nella giusta considerazione, soprattutto da parte dei soggetti proponenti: prevale ancora il basso profilo e la speranza che “la politica” tolga le castagne dal fuoco. Il risultato è che anche il miglior progetto, se calato dall’alto, rischia di rimanere sulla carta. Ignorando tali aspetti si rischia di mettere a repentaglio la realizzazione di un progetto, seppure tecnicamente ineccepibile. È pertanto cruciale per l’impresa proponente anticipare ed evitare il Nimby, cercando da subito di incanalare il bisogno di contare degli attori locali in percorsi di dialogo e cooperazione. La crisi di fiducia nei partiti politici e nelle istituzioni ha ridotto la loro capacità di mediare le istanze sociali. Allo stesso tempo, cresce la spinta dal basso di cittadini e gruppi sociali che vogliono influire sulle decisioni locali. Questo scenario trova come unico sbocco la formazione dei comitati per il No. E questo impone ai soggetti proponenti modalità nuove di dialogo e confronto con la cittadinanza. 

L’approccio giusto per vincere è quello di vincere insieme 

È quindi decisivo incanalare, prima che il progetto sia definito nei dettagli, il bisogno di contare degli attori locali. Dando maggiore struttura alla capacità di ascolto e di dialogo, mediante pratiche di Stakeholder Engagement per consentire ai portatori d’interesse e alle aziende proponenti di ricercare soluzioni il più possibile condivise che rispondano alle istanze maggiormente sentite dei vari portatori d’interesse. Con il risultato di accelerare l’iter autorizzatorio senza le esasperanti lungaggini procedurali, cercando di ascoltare di più per comprendere meglio le ragioni alla base del netto rifiuto. Perché in un’era di forti conflitti fra aziende proponenti e comunità ospitanti, l’unico modo per superare questi scontri al calor bianco è quello di puntare a vincere insieme e costruire consenso. 

E quindi dar vita, in tempi congrui, a decisioni più eque, inclusive e socialmente sostenibili, capaci di rendere possibile lo sviluppo del business. Con l’incommensurabile risultato di ricostruire la fiducia e sconfiggere la paura.

Bibliografia

  1. Marinoff, L. (2011). Aristotele Buddha Confucio. Per essere felici ora. Edizioni Piemme.
  2. https://www.facilitambiente.it/la-sindrome-nimby-not-in-my-backyard-incontro-con-mario-doldi/
  3. https://www.facilitambiente.it/no-al-biometano-un-caso-di-studio-per-pensare-a-nuovi-approcci/
  4. https://www.legambiente.it/rapporti-e-osservatori/scacco-matto-alle-rinnovabili/
  5. https://www.youtube.com/watch?v=oCM0gYlx5g0
  6. https://mattinopadova.gelocal.it/padova/cronaca/2023/12/30/video/vescovana_si_mobilita_contro_il_mega_impianto_a_biogas_ecco_le_ragioni_del_no-13963244/?ref=vd-auto&cnt=1
  7. https://www.padovaoggi.it/politica/anche-agricoltori-imprenditori-contrari-impianto-biogas-vescovana.html
  8. https://bur.regione.veneto.it/BurvServices/Pubblica/DettaglioDecreto.aspx?id=534594
  9. https://www.corriere.it/opinioni/16_aprile_15/tempa-rossa-eppur-si-deve-decidere-37dbb06a-0279-11e6-9f07-f0b626df35ca.shtml
  10. Davies, W. (2019). Stati nervosi. Giulio Einaudi Editore.

(immagine in evidenza presa da Il Mattino di Padova )