di Mario Doldi
Il Biometano sotto scacco
Nel nostro Paese continua il blocco di molti investimenti nel settore del Biogas e Biometano a causa delle cosiddette opposizioni Nimby. Ovviamente le contestazioni locali colpiscono duramente l’insieme delle fonti rinnovabili, però “con Biogas e Biometano in testa” (il Foglio, 29 marzo 2022). In questo ramo, in effetti, “sono 180 i progetti bloccati o contestati dai comitati locali” (il Sole 24 Ore, 12 febbraio 2022). Non è una Caporetto, tuttavia bisogna correre ai ripari. La produzione di Biometano risulta essere la più colpita dalle problematiche di accettabilità sociale. Basta fare una verifica sulla stampa locale per rendersene conto: da una parte troviamo le comunità locali (comitati di cittadini e Sindaci) che si oppongono duramente alla realizzazione dei menzionati impianti per i forti timori sulla salute dei cittadini, dall’altra ci sono i soggetti proponenti esterrefatti per tali incomprensibili reazioni. È però un vero peccato perché il Biometano essendo il risultato della raffinazione e purificazione del Biogas (prodotto dalla fermentazione anaerobica di biomasse agricole e zootecniche), può essere “impiegato nella rete del gas naturale senza la necessità di apportare modifiche agli impianti” (ENERGIA, 2 febbraio 2022).
Un “dialogo tra sordi”
A questo punto sorge spontanea la domanda: come superare le diffuse opposizioni locali ai progetti, in cui il “dialogo tra sordi” la fa da padrone? In più occasioni ho avuto modo di indicare la possibile via d’uscita, la quale a mio modesto avviso è in larga parte nelle mani dei soggetti proponenti. Per comprendere meglio tale affermazione alquanto impegnativa, reputo utile misurarsi con i fatti per mettere in luce il comportamento degli attori in gioco e le conseguenze delle loro azioni. Partiamo quindi da un caso studio esemplare ancora “aperto” per trarne, ce lo auguriamo, gli insegnamenti preziosi in grado di ispirare l’azione verso il cambiamento auspicato. Con l’obiettivo di superare le conflittualità locali e consentire la costruzione di nuovi impianti di Biometano, per concorrere alla sicurezza energetica del Paese e a costruire un futuro sostenibile.
Il caso Villareggia
Tutto ha inizio a Villareggia, un piccolo Comune di circa mille abitanti appartenente alla Città Metropolitana di Torino. Il progetto di un impianto per la produzione di Biometano, incide sul territorio di tale Ente. Per questo motivo l’Amministrazione comunale organizza per il giorno 9 giugno 2021 un’assemblea pubblica, la cui “scaletta” contempla l’intervento di funzionari pubblici, progettisti dell’impianto, esperti dell’Università di Bologna e Torino, nonché del “portavoce dei cittadini che si stanno costituendo contro l’impianto”. L’ iniziativa si prefigge di aprire un dibattito capace di affrontare le forti preoccupazioni per i gravi impatti percepiti a livello locale, in particolare sulla salute pubblica a causa del menzionato impianto. Gli interventi degli specialisti a favore dell’opera, ineccepibili sul piano tecnico-scientifico, non convincono però i presenti e in particolar modo il “portavoce dei cittadini” che invita la popolazione a “firmare i moduli per l’adesione al comitato che a questo punto dobbiamo organizzare velocemente”. L’appello del portavoce raccoglie circa 600 firme sulla base di una popolazione attorno ai mille abitanti. Morale della favola, dopo la suddetta assemblea pubblica nasce il comitato del NO che ottiene il sostegno della maggioranza dei cittadini di Villareggia. Perfino i Sindaci dei paesi confinanti avanzano riserve sul progetto. A questo punto della storia, ci fermiamo per trarne le dovute considerazioni. Diciamo solo che ad oggi la vicenda non si è ancora conclusa. Perché nel frattempo la Città Metropolitana di Torino, sulla base di una nuova localizzazione del progetto, dopo una defatigante Conferenza di Servizi, ha rilasciato l’autorizzazione di sua competenza nell’agosto 2023. A cui hanno fatto seguito nell’ottobre 2023, due distinti ricorsi al giudice amministrativo contro la citata autorizzazione, presentati dal Comune di Villareggia e da un gruppo di cittadini sostenuti dal comitato locale.
L’evolversi della situazione, giunta ormai al terzo anno, è caratterizzato dalla comunicazione incessante e dal forte impatto emotivo portata avanti dal comitato. In cui si prevedono ricadute catastrofiche sulla comunità di Villareggia a causa della “centrale a Biometano” ossia: “inquinamento, traffico, rumore, miasmi, pericoli alla sicurezza, malattie, disagi per tutta la popolazione”.
Il fallimento dell’assemblea pubblica
Tornando all’assemblea pubblica, abbiamo visto che la comunicazione sul progetto da parte degli esperti, per quanto scientificamente fondata, non ha avuto alcuna presa sulla popolazione presente. Ciò accade spesso quando si cerca di convincere il pubblico, nel bel mezzo di una profonda crisi di fiducia in cui l’expertise è vista con sospetto e diffidenza. A maggior ragione quando si presenta un progetto compiuto, con i giochi ormai fatti. Dando quindi la sensazione di un’opera “calata dall’alto”, col rischio di mettere le comunità con le spalle al muro: “siamo arrabbiati perché hanno deciso tutto senza sentire la voce del territorio”.
Seguire le buone pratiche dello Stakeholder Engagement
Volendo tirare le conclusioni, l’assemblea pubblica è lo strumento meno adatto per le aziende proponenti che desiderano sviluppare attività di ascolto e coinvolgimento dei propri Stakeholder. Pertanto questa grave situazione impone la necessità di ripensare il modo in cui i proponenti si relazionano con il territorio. Ragion per cui è arrivato il momento di passare il Rubicone. Per mettere in campo, attraverso buone pratiche di Stakeholder Engagement, nuovi approcci dialogici e di confronto che contemplino processi decisionali inclusivi, sia per gestire o prevenire i conflitti locali e ambientali. Si tratta di strumenti imperniati sul coinvolgimento diretto dei vari gruppi di portatori d’interesse sul territorio: le istituzioni, i settori economici e produttivi, le associazioni culturali, ecc. allo scopo di costruire consenso e fiducia e giungere in tempi ragionevoli a una decisione sul progetto, il più possibile condivisa e soddisfacente per tutte le parti in gioco. E in questo l’impiego di facilitatori professionisti diventa determinante. Inoltre il ricorso a tali strumenti e professionalità comporta il vantaggio di rendere l’iter autorizzativo meno complesso e più spedito, senza aggravi documentali e Conferenze di Servizi senza fine.
In altre parole, siamo di fronte a una grande sfida da raccogliere … e vincere.